Lostallo durante il Medioevo, costituiva con Soazza il Comune Mesocco Sotto Porta. Il Comune Mesocco Sotto Porta era rappresentato da Mesocco con le relative frazioni.
Lostallo deve il suo nome al significato di sosta, probabilmente con riferimento ad un ricovero per cavalli da soma.
Posto sulla riva destra della Moesa, Lostallo è il comunale situato più in basso del circolo di Mesocco. Il villaggio comprende anche le frazioni di Arabella, Cabbiolo e Sorte.
Il nucleo principale è caratterizzato da edifici della seconda metà dell’Ottocento con la struttura tipica a corridoio. Queste abitazioni hanno tre piani o anche tre e mezzo. Si dispongono a valle e a monte della strada cantonale.
La parte in piano del villaggio subì a varie riprese gravi danni per lo straripamento della Moesa. Vi si mise riparo con l’incanalamento e l’arginatura del suo corso.
All’attività d’allevamento e alle colture collegate, si aggiunge anche una rilevante presenza della viticoltura.
La povera economia della valle determinò anche per Lostallo la periodica emigrazione dei suoi abitanti con l’incarico di vetrai e spazzacamini.
Nella zona a sud dei grotti, fino agli inizi del Medioevo, si trovata un villaggio denominato Drenola. Il villaggio fu distrutto da una gran frana. Ne sono testimoni i numerosi massi ricoperti da una fitta vegetazione di arbusti, sparsi nei boschi di castagno formando così un labirinto di rara bellezza. (da “Valle Mesolcina e Calanca”, Aurelio Ciocco)
A Lostallo si svolgeva nel giorno di San Marco, il 25 aprile, la Centena, l’Assemblea comunale dell’Alta Corte di Giustizia Mesocco. Alla riunione doveva partecipare almeno un membro di ciascuna famiglia della Mesolcina e della Calanca, pena la multa di un fiorino.
L’Assemblea avveniva fuori dell’abitato, su un prato a destra della strada per Cama, chiamato ancora oggi Cioss de la Centena. Questa consuetudine è registrata negli statuti del 1645 già come antica tradizione.
Alla Centena si partecipava in solenne processione, partendo dal proprio domicilio. Prima dell’Assemblea si partecipava ad una funzione religiosa nella Chiesa di San Giorgio.
L’ultima Centena si è svolta nel 2000 perché c’è stata una regione dell’organizzazione giudiziaria cantonale. Ora i giudici sono eletti in votazione diretta.
Fonti bibliografiche: Cenni storici del Moesano di Cesare Santi
Nel passato tutti i nostri comuni, che godevano di grande autonomia, erano dotati di leggi proprie e avevano i propri Statuti che oggi chiameremmo Regolamento comunale. Anche Lostallo aveva questi Statuti già anticamente e poi rinnovati ed emendati nell’anno 1507. Essi sono conservati scritti in latino su una pergamena del 15 gennaio 1507 [doc. n. 36 dell’Archivio comunale di Lostallo]. Il grande Emilio Motta, all’inizio del Novecento, quando classificò tutti gli archivi comunali del Moesano, nell’approntare il regesto di questa pergamena aggiunse “Interessante documento per la storia statutaria”.
Ogni statuto comunale rispecchiava la realtà locale, ma molti articoli degli stessi coincidevano con quelli di altri comuni, come per esempio quello in cui era vietato fare lavori servili nei giorni festivi di precetto, oppure quello in cui bisognava prestare il massimo rispetto al Console, ai suoi ufficiali e ai campari nell’espletamento delle loro funzioni pubbliche.
Mi sembra di non fare cosa inutile nel presentare questi Ordinamenti di Lostallo del 1507 nel riassunto in italiano che ho fatto della pergamena latina.
Ser Antonio fu Giovanni del Pijno di Lostallo, Console di Lostallo, Cabbiolo e Sorte, che sono un unico comune, vigore del suo consolato e della potestà a lui data da detto comune cioè dalla maggior parte degli uomini del comune in vicinanza, come consta da strumento di potestà rogato dal pubblico notaio Pietro de Aira di Cama del 24 maggio dell’anno passato, ordinò e ordina i suoi precetti e ordinamenti da osservarsi e mettere in esecuzione da oggi in avanti.
1.
Ogni anno fin in perpetuo il comune è obbligato e tenuto a nominare dei campari in rotazione che comincia dalla terra in fondo e prosegue dove ci sono persone fin in cima del comune.
2.
I campari non potranno stare in alpe più di tre giorni, sotto pena di 100 soldi terzoli e detta multa pervenga per metà al comune e per l’altra metà al Console in carica. Se oltre i tre giorni le bestie faranno qualsiasi danno, siano i campari a risarcire il danno, oltre la multa.
3.
I campari sono tenuti di andare a controllare ogni notte visitando la campagna e gli altri beni, con la pena come sopra in caso di mancanza.
4.
Per qualsiasi danno fatto di giorno o di notte i campari saranno tenuti a pagare loro il danno se non multeranno i colpevoli.
5.
I campari avranno per loro salario e mercede 5 £ire terzole all’anno e dovranno obbedire al comune e al Console e pignorare [multare] come detto sopra. Se non vorranno obbedire e pignorare saranno condannati in 5 £ire terzole per ognuno di loro e per ogni volta che trasgrediranno e la multa andrà come detto sopra.
6.
Ogni anno fin in perpetuo il Console dovrà eleggere 6 uomini probi assieme a lui, ossia tre per Lostallo, due per Cabbiolo e uno per Sorte e detti sei uomini sono tenuti ad eleggere il Console seguente e costui dovrà giurare di conservare e mantenere in vigore questa carta di ordinamenti, con la pena come sopra.
7.
Ogni anno il Console dovrà nominare tre uomini che saranno deputati per il loro giuramento a multare qualsiasi persona che lavorerà nelle feste di precetto e tale accusa sarà data dai tutori della chiesa di San Giorgio.
8.
Detti avogadri [tutori] della chiesa sono tenuti ed obbligati di esigere tutte le condanne e ogni anno rendere conto dell’incasso delle multe di dette condanne che andranno a beneficio della chiesa.
9.
Qualsiasi persona non ardisca né presuma lavorare nelle feste e giorni di precetto sotto pena di 10 soldi per ogni persona e per ogni volta.
10.
Detti tre uomini dovranno incassare ogni anno fin in perpetuo le elemosine dei voti pubblici e anche delle litanie [le litanie maggiori sono le rogazioni] e distribuirle ai poveri e agli altri vicini.
11.
Assieme all’avogadro della chiesa i tre uomini dovranno far portare le elemosine dei voti e delle litanie.
12.
Gli stessi tre uomini sono obbligati di incassare la taglia [imposta] del comune, salvo dai poveri che non pascolano né in piano né in alpe, i quali sono esenti dalla taglia. Le persone che non pascolano né in piano né in alpe ma che sono benestanti sono pure obbligate a pagare la taglia come a disposizione dei tre uomini e similmente dovranno pagare l’imposta le persone che lavorano nei boschi, anche se non hanno bestiame pascolante.
13.
Se i detti tre uomini non vorranno far rispettare i detti ordinamenti saranno condannati in £ire 5 per ognuno di loro e per ogni volta che trasgrediranno e detta pena perverrà metà al comune e metà al Console.
14.
Per il loro lavoro volto all’adempimento degli ordinamenti i tre uomini riceveranno dal comune ogni anno e ciascuno di loro 3 £ire di salario.
15.
Per ogni cavallo lasciato fuori di notte o di giorno nella campagna è stabilita una pena di 10 grossi per ogni cavallo e di 2 soldi per ogni vacca nonché di un sestino per ogni bestia minuta e per ogni volta. La pena per i buoi sarà di soldi dieci per paio e di notte di 10 grossi. Detta multa andrà metà al comune e metà ai campari.
16.
Nessuno potrà condurre cavalli e buoi per la campagna se sono privi di boccarelli [nulla persona non possit nec valeat ducere equos et boves per campaneas sine bocarinijs] sotto pena di 10 soldi terzoli per ogni cavallo o paio di buoi e per ogni volta che si trasgredirà. Detta multa andrà come sopra metà al comune e metà ai campari, con la riserva che al tempo di San Martino ciò sarà autorizzato a condizione che non ci sia danno per le persone.
17.
Nessun aratore potrà disgiungere i due buoi in campagna con la pena di 10 soldi e ancora sia tenuto portare il fieno di quello per cui lavorava e curare che i suoi buoi non facciano danni ad alcuna persona.
18.
Dalle calende di maggio innanzi le capre, pecore e capretti non potranno passare per la strada di Dosseda né dietro al muro di campagna in Bolla fino alla strada del Sassello e dal Sassello fino al secondo muro di campagna fino all’orlo della Piotta . Similmente nella campagna di Fontana non potranno avere la strada oltre detto termine dietro al muro di campagna fino agli alberi [castagni] di Pietro Zanetti che sono nella Gana. Nella campagna di Sorte non potranno avere la strada dietro al muro di campagna sotto pena di soldi 20 terzoli e detta multa pervenga al Console e al comune.
19.
Se le bestie non potranno passare poiché ostacolate dai sassi, in tal caso il pastore potrà condurle per i passaggi vietati senza pena.
20.
Tutte le bestie dovranno partire dal piano secondo quanto disposto nelle antiche carte, con riserva di tre cavalli da soma che potranno rimanere in piano per servire al comune e questi cavalli dovranno essere accoppiati sia di giorno che di notte, sotto pena di 10 soldi.
21.
Detti tre cavalli staranno a casa sotto la sorveglianza del Console e della maggior parte dei vicini.
22.
Se qualche vicino non vorrà obbedire a quanto sopra scritto, qualsiasi altro vicino potrà pignorare e condurre in stalla le sue bestie.
23.
Nessuna persona ardisca né presuma minacciare né insultare qualsiasi officiale del comune nel compimento del suo lavoro, sotto pena di 4 £ire terzole che andranno per metà agli officiali e per l’altrà metà al Console.
24.
Qualsiasi persona potrà portare al Console l’accusa di bestie che faranno danno. In tal caso la multa andrà metà al comune e metà all’accusatore.
25.
Tutte le persone sono obbligate a credere al Console che condannerà e l’accusatore dovrà giurare di dire la verità.
26.
Tutte le persone sono tenute ed obbligate di fare e mantenere i muri, scopelli e chiudende della campagna in modo buono e sufficiente, sotto pena di soldi venti per la prima volta e dalla seconda volta sotto pena doppia. I muri, scopelli e chiudende dovranno essere restaurati e mantenuti dove già esistono.
27.
Tutti gli altri beni nel comune dovranno essere tensi [proibiti alla pascolazione] secondo l’uso e le bestie saranno pignorate secondo la consuetudine.
28.
Ognuno potrà pignorare quelle persone tanto piccole, quanto grandi che sotto gli alberi di castagno incideranno gli innesti e faranno altri danni o strapperanno l’erba nei beni privati, sotto pena di 4 soldi.
29.
Ogni persona che troverà di notte fuori cavalli o buoi, tanto dei vicini, quanto dei forastieri potrà condurli nella stalla senza pena finché il padrone delle bestie verrà a pagare la multa.
30.
Il Console è obbligato ogni anno e settimana dalle calende del mese di febbraio fino alle calende di maggio a far fare ad ogni fuoco [famiglia] il lavoro gratuito di comune, dove meglio riterrà opportuno e secondo le necessità.
31.
Nessuna persona potrà vendemmiare né far vendemmiare fino a metà del mese di settembre sotto pena di 3 £ire che andranno metà al comune e metà all’accusatore, salvo se ci fosse una vigna in cui l’uva comincia a marcire, in tal caso si potrà vendemmiare con licenza del Console fino ad uno staio di uva.
32.
Il Console è tenuto e obbligato ad esigere la taglia [imposta] del comune.
33.
Tutte le vacche, buoi e capre che si tengono in piano devono essere curate in rotazione oppure dal suo padrone.
34.
È proibito lasciare andare le capre nelle selve quando si bacchiano i castagni, sotto pena di un sestino per capra.
35.
Le carte del comune devono essere lette pubblicamente una volta all’anno.
36.
Tutte le carte vecchie del comune devono essere conservate.
37.
I campari dovranno accettare le condanne ogni volta e se non vorranno dare che il Console sia tenuto farsi dare da loro.
38.
Il Console riceverà annualmente 10 £ire per suo salario e mercede.
39.
Il Console è tenuto andare una volta all’anno sugli alpi, ossia un giorno su ogni alpe.
40.
Le bestie dovranno lasciare il piano ogni anno a metà del mese di maggio, momento in cui in piano ci sarà la tensa, sotto pena di 3 £ire, metà al Console e metà al comune.
Alla stesura dell’atto furono presenti Zane de Donato, Antonietto e Giovannetto Conforti, Giovanni Loda, Gaspare Becagio, Antonio della Rasiga, Giovanni di Alberto Lana, Zane Braga, Nicola fu Antonio di Nicola e Maffeo fu Antonio Maffei e molti altri vicini di Lostallo. Testimoni furono il signor Basilio de Marozini di Mesocco, Zane Zarro fu Togno di Soazza e Melchione fu Giovanni Romegiati di Leggia.
La pergamena venne rogata dal pubblico notaio Martino Arabino di Mesocco e copiata dal pubblico notaio Giovanni Battista Censi di Cama.
Il notaio Martino Arabino figlio di ser Giannello, di Mesocco, che stese il documento originale, è documentato in attività dal 1503 al 1530; il notaio che copiò, Giovanni Battista Censi figlio di mastro Tommaso, di Cama risulta attivo dal 1524 fino al 1559. Tra i testimoni da notare Zane Zarro fu Togno di Soazza, il cui padre Antonio (Togno) venne processato in contumacia e condannato a morte nel 1494 per aver ucciso in piazza a Soazza, a tradimento con una coltellata, un compaesano.
Come si vede questi statuti sono in pratica un regolamento agricolo, anche perché la nostra civiltà dei secoli passati era prettamente rurale. La grande presenza di bestiame grosso e minuto obbligava in pratica i comuni a regolamentare l’attività agricola, ponendo dei divieti riguardanti il bestiame, con le multe dette pegni e quindi il pignoramento del bestiame, con la delimitazione delle zone in cui nei periodi di fienagione il bestiame non doveva essere presente ma caricato sugli alpi e con l’importante funzione dei campari, figura di dipendente comunale ormai scomparsa alle nostre latitudini da circa cinquant’anni.
Fonti bibliografiche: Cenni storici del Moesano di Cesare Santi
La costruzione data del quindicesimo secolo. Ha subito rifacimenti soprattutto all'interno nel corso del secoli diciassettesimo e diciottesimo. Fu restaurata nel 1975. L'esterno è ancora in gran parte cinquecentesco. La cantina è a pian terreno, la facciata in muratura, la travatura sporgente ripara il grande ballatoio del sottotetto. Davanti è situato un giardino, la parete principale è affrescata con due grandi dipinti. A sinistra San Giorgio a cavallo che uccide il drago. A destra la Vergine in piedi, che tiene in braccio il Bambino, volta a sinistra verso San Lucio, protettore della Diocesi di Coira.
La chiesa è dipendente dalla parrocchiale di Lostallo, fu consacrata nel 1611. L'ultimo restauro data dagli 1962-1963 e 1977. È una sobria costruzione longitudinale con un coro quadrato; a nord s'innalza il campanile coperto da tetto in piode. Presenta dei bellissimi affreschi esterni del 1611: sul fianco sud la Madonna fra i santi Nicolao e Maria Maddalena; in facciata, San Cristoforo entro una cornice a timpano che suggerisce l'antica presenza di un portico. Le decorazioni illusionistiche attorno al portale risalgono al settecento.
I tre altari in stucco risalgono al 1767. Durante gli ultimi restauri agli affreschi furono riportate alla luce delle interessantissime vedute paesaggistiche lungo il cornicione del coro.
Nel 1611 il vescovo di Coira trovatosi a Lostallo per visitare la chiesa di San Giorgio approvò la costruzione di una nuova chiesa. Nel 1626 furono eretti i muri, I'inaugurazione avvenne il10 aprile 1633. Fu dedicata a San Carlo Borromeo che passò in Mesolcina 50 anni prima. Nel 1639 non aveva però ancora il campanile che probabilmente venne costruito nella seconda metà del diciassettesimo secolo. Fu restaurata nel1838 e nel 1959. La chiesa è una semplice costruzione con coro quadrato e campanile a nord, con coronamento ottagonale. Le facciate sono lisce. La cornice del portale in granito porta la data 1838, il tetto è in piode. La campana della chiesa sembra già. Essere stata fusa nel 1432 e proviene probabilmente dalla parrocchiale.
La chiesa di San Giorgio, in posizione dominante sul villaggio di Lostallo, è uno dei più vecchi edifici ancora esistenti della valle. Infatti se ne parlava già in una lettera del 21 aprile 1219. Il patrono è SanGiorgio anche se nel diciassettesimo secolo il nome della chiesa su un protocollo apparve come « Templum S. Georgji et Marci». Negli statuti del 1645 si parlava persino della chiesa di San Marco. Era una piccola chiesa con il soffitto in legno e con l'abside curva. Fu così descritta da San Carlo: «La cappella major est fornitaca et parva ad forman emicycli.» Il campanile si ergeva come oggi accanto al coro, era però troppo piccolo per portare due campane, cosicche la campana maggiore era posata nel cimitero su un sostegno di legno. Dal 1626 al 1639 si svolsero dei lavori di restauro. La .riconsacrazione della stessa con i tre nuovi altari avvenne però soli il 22 settembre 1656. Durante questi lavori l'abside fu cambiata e furono aggiunte due cappelle laterali. È da presumere che la torre campanaria sia stata ingrandita durante questi lavori, dato che oggi v'è posto per due campane. Tra il 1939 e il 1941 i muri sono stati assicurati contro la pressione della montagna, il tetto in piode è stato rifatto, la porta d'entrata è stata cambiata. Gli affreschi sono in parte antichi. Nelle vicinanze dell'altare nord c'è la statua della Madonna Nera di Loreto. Di grande valore è lo stendardo processionaie del 1611 dipinto su ambedue i lati. Nuovissime sono le illuminazioni esterne che mettono in bella evidenza la chiesa anche durante la notte.
Il 7 ottobre 1611 fu consacrata la Cappella di Sorte in onore dell'Assunzione di Maria al cielo. La sagrestia risale al 1656. Se la campana datata 1526 non proviene da un'altra chiesa, è probabile che già prima esistesse una cappella, che fu in seguito sostituita. L'ultimo restauro è del 1960. Il campanile è a vela. La facciata è affrescata a registri savrapposti in composizioni terminate a timpano, eseguite nel 1611 dal medesimo artista di Cabbiolo: Maria Assunta affiancata a destra da donne inginocchiate con Santa Margherita ed a sinistra da San Giorgio; in alto il Padre Eterno benedicente.
Colpito da grave malattia, Giuseppe Jacomella, emigrante lostallese in Alsazia, fece un voto: se fosse guarito avrebbe costruito una cappella nel suo paese natio.
Quando fu esaudito, nel 1704, Giuseppe Jacomella tornò a Lostallo e fece edificare lo stabile.
L’iscrizione originale presente sul quadro votivo è la seguente:
SI.G.FISCALE
GIOSEPPE MARIA GIACOMELLE
TROVANDOSI NEL ALZACIA SOTTO
IL DOMINIO DEL RE CHRISTIANISIMO
TROVANDOSI ACHREVATTO DI UNA INFERMITTA
ASAI PERICHOLOSA RIGIEDE LA SANITTA
PER L’INTERCESIONE DI MARIA
VERGINE ET GIOSEPPE ET SAN
FATTO LANO 1704
NEL MESE DI LUGLIO
Nella cappella collocò delle statue in legno raffiguranti la Madonna di Einsiedeln, Sant’Antonio e San Giuseppe. Le ultime due sculture furono rubate alcuni anni fa.
La cappella ebbe attraverso gli anni molteplici funzioni; serviva quale punto di fermata per le processioni del Venerdì Santo, del Corpus Domini e delle rogazioni.
In occasione di alcune feste mariane, nella cappella veniva celebrata la Santa Messa.
Durante i periodi di siccità la Madonna veniva portata in processione per implorare la pioggia ed è così spiegata la provenienza del nome: Cappella d’Aquate.
Divenne luogo di devozione per i passanti e per molte persone del paese, in particolare, anziani e meta di passeggiate in segno di devozione, di ringraziamento e di preghiera.
Anche i dintorni della cappella ebbero particolari scopi.
Gli scolari che, terminata la scuola dovevano accudire al bestiame, trovavano in quei luoghi il posto ideale per costruire delle capanne proteggendosi così dalla pioggia e per giocare agli indiani nelle giornate di sole.
Gli “Schliffer” arrivarono senza indugio appena aperto il valico del San Bernardino e sostavano nei dintorni della cappella d’Aquate. Il luogo divenne sosta abituale e così richiamava regolarmente curiosi e ragazzi, i quali erano affascinati da quell’insolito trambusto di persone, animali, carri ed osservavano gli esperti carrettieri mentre discutevano e commerciavano con gli zingari sui loro equini.
Dopo quasi trecento anni la cappella è ora comproprietà dei molti discendenti di Giuseppe Jacomella, i quali, dopo aver fatto dei lavori di manutenzione e vista la necessità di una camera mortuaria, hanno deciso di donarla al Comune per adibirla anche a questo scopo. L’Assemblea comunale ha accettato la proposta.
All’alba del terzo millennio questa cappella, che nel futuro servirà anche come ultima dimora terrena, assieme allo stendardo custodito nella chiesa di San Giorgio e offerto dai lostallesi soggiornanti in Roma, saranno testimonianza della fede dei nostri avi. Partivano con grande nostalgia e speranza di far fortuna e di poter ritornare a casa.
Meditare sulla vita dei nostri avi forse ci aiuta a meglio capire coloro che oggigiorno si avventura dalle nostre parti in cerca di un onesto lavoro. Sia la nostra gente che in quei tempi dovette partire sia questi nuovi emigranti avrebbero gradito allora e apprezzerebbero adesso un volto amichevole ed un gesto di accoglienza.